27 luglio 2020 –
Immerso nel verde rigoglioso e incontaminato della Baronia, il piccolo borgo di Scampitella, compreso tra le valli del Fiumarella e del Calaggio, testimonia la sua antica vocazione agricola mercé colori e paesaggi di incomparabile bellezza disegnati dal secolare lavoro dei contadini. A Scampitella la vita scorre lenta, nel rispetto della natura, nel godimento di una rilassante tranquillità, nella degustazione di cibi genuini, nella cordialità degli abitanti.
Ma l’agro della Baronia è anche altro. Perché, quando le lame degli aratri incidono in profondità la terra, rimestandola e rivoltandola, ecco che, allora, è tutto un fiorire, tra il bruno delle zolle, di frammenti di antiche ceramiche, di laterizi, di utensili in metallo o in terracotta, di tegole tombali, di ossa umane. Talvolta di fondamenta di antiche ville rustiche romane, come quella di contrada Migliano, parte di una struttura architettonica costruita forse tra il I ed il II secolo d.C. O, sempre in contrada Migliano, del complesso archeologico costituito da sette fosse, impropriamente conosciute come Grotte dei Briganti (è probabile che la fantasia popolare abbia eletto quelle grotte a covo delle bande di briganti capeggiate da Schiavone e Lavanga, che, tra il 1861 e il 1863, agivano in quelle zone). Si tratta di un sito archeologico di epoca sannitica, affiorato nel 2002 durante i lavori di scavo per l’edificazione di una casa di fronte al Municipio e cui, più di recente, si è aggiunta la scoperta di una nuova cavità che si ritiene non essere di origine naturale. Le grotte, che presentano conformazione a tumulo e un’altezza media di sei metri e un diametro di cinque, si è ipotizzato potessero fungere da ricoveri ad uso di genti ivi stanziate in epoca metastorica (come dimostrerebbe il ritrovamento in loco di elementi lapidei, forse utensili di epoca paleolitica, e di cocci di terracotta riferibili ad epoche certamente più tarde, prevalentemente sannitica e romana), da luoghi di sepoltura precedenti alla invasione degli Osci e dei Sanniti (la qual cosa, però, non trova riscontro in nessun ritrovamento di reperti di corpi umani o di corredi funerari) o, più verosimilmente, nel corso del dominio romano, da granai o da cisterne per la conservazione dell’acqua piovana o sorgiva (ipotesi basata soprattutto sul ritrovamento in loco di vestigia di ville rustiche romane).
Anche in contrada Guardiola sono state rinvenute apprezzabili tracce della civiltà preromana, come numerose tombe databili tra l’VIII e il IV sec. a.C., il cui corredo funerario, composto da crateri, olle prive di ans
e e oinokoe, è conservato presso famiglie locali, mentre un’olla stamnoide, decorata a righe brune disposte orizzontalmente con motivo a ovoli sulla spalla, è esposta al Museo Archeologico di Ariano Irpino.
Posta a poco più di tre chilometri dal paese, l’amena frazione, di chiara origine longobarda (il toponimo, infatti, significa vedetta, luogo di osservazione, punto di controllo, in particolare della via fluviale della Fiumarella, della via Herdonitana e della via Vaticale), è attraversata dalla via Vaticale, che prende nome dai Vaticali, termine con cui, nel Medioevo, venivano indicati i trasportatori di derrate alimentari. E, proprio durante i lavori di sistemazione di via Vaticale, nel 2010, è stata rinvenuta una imponente colonna miliare, impreziosita da due epigrafi, di cui l’una, risalente alla fine del III sec. d.C., è riferita all’imperatore Diocleziano, l’altra, ascrivibile alla fine della seconda metà del IV sec. d.C., è riferita all’imperatore Valentiniano.
Una straordinaria varietà di reperti, dunque, che, dalle buie profondità della terra, anela alla luce per rammentarci che siamo eredi di un glorioso passato; per spronarci a difenderlo e a conservarlo; per costruire sul suo retaggio una storia consapevole della nostra identità.